Almarina di Valeria Parrella è ambientato nel carcere minorile di Nisida e con una scrittura e una forma costruita, un po’ artificiosa, l’insegnante di matematica ci fa scoprire, attraverso un flusso di pensieri poco lineare, le paure, i desideri e le emozioni di chi in quel posto ci lavora.
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Così la visuale cambia: il carcere minorile può essere il punto di svolta, la salvezza per alcuni e ci rendiamo conto che talvolta i problemi dei ragazzi detenuti sono dati non solo dall’ambiente in cui sono cresciuti e che potrebbero ritrovare una volta usciti, ma anche dai propri genitori.
È un racconto altalenante dove non sempre i pensieri si capiscono, soprattutto quando dal presente si va al passato e viceversa.
Filo conduttore della vicenda è l’ultima ragazza arrivata: Almarina. Il legame con l’insegnante viene raccontato fugacemente, senza fronzoli.
Personalmente ho trovato questa scelta adatta al libro e al contesto, altre parole e dinamiche sarebbero state superflue: l’affetto non è sempre esplosivo.
Voto: 8-
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